comunicazione

Nuove professioni, vecchi trucchi

Da quando la comunicazione è diventata digitale sembrano essere cambiate molte cose, anche se alcuni fondamentali sono sempre gli stessi.

La comunicazione mi ha sempre appassionato. forse perché sono nato negli anni ‘70 e cresciuto negli ‘80, quelli della diffusione della TV commerciale e della pubblicità di massa, dei mezzi di informazione che diventavano mass-media.

Spingere le persone a comprare, consumare, desiderare gli oggetti che le aziende producevano. Però in quelle pubblicità c’erano anche tante idee originali, la ricerca di nuovi linguaggi e la sperimentazione di nuovi canali. Sul finire della prima decade degli anni duemila è accaduta una cosa simile anche alla comunicazione: il web interattivo e i social media hanno riproposto di nuovo una sfida alla comunicazione.

Dal mio punto di vista questa volta le cose sono diverse per una serie di fattori. Il primo è la velocità. Basta pensare che 10 anni fa i social erano appena nati (in Italia) ed internet sul telefono era un’opzione e non la prima scelta, si navigava prevalentemente da pc e, a proposito di comunicazione: nel 2008 ero già iscritto a Facebook e pubblicavo delle cose che adesso la piattaforma ogni tanto mi ricorda; quei post mi fanno quasi tenerezza perché raccontano tutta la precarietà di una comunicazione appena nata, dei tentativi di proporre contenuti senza sapere bene che cosa e come potesse essere utile e interessante. Oggi i social cambiano ogni mese (a volte settimana) il proprio algoritmo e la comunicazione deve adeguarsi a questi cambiamenti in maniera repentina per evitare che i contenuti prodotti rimangano esclusi dall’attenzione del pubblico. Il flusso è più veloce, bisogna attrezzarsi per rimanere a galla.

Il secondo fattore è quindi proprio il cambiamento che io definisco senza regole. Non intendo con questo che ci sia una sorta di anarchia, mancanza di rispetto reciproco o una qualche forma di maleducazione. Dico che il cambiamento non avviene secondo una logica o un’evoluzione intuibile: l’evoluzione delle forme di comunicazione e dei contenuti segue repentini sbalzi e per questo è difficile essere predittivi o provare ad attrezzarsi in anticipo. Bisogna imparare (semmai lo si possa fare) a navigare nel flusso della comunicazione con l’istinto più che con la logica. Non potrebbe essere altrimenti considerando che l’universo digitale (perdonate il termine) è “user based”, costruito cioè sull’esperienza dell’utente. Ormai da tempo chi lavora in questo campo proclama la user experience (l’esperienza che l’utente fa nella ricerca di contenuti) la regina incontrastata di ogni forma di comunicazione di successo. Come a dire: fate quello che vogliono gli utenti, agevolate i loro percorsi, facilitate i loro istinti (su questi temi trovo interessante e segnalo l’ultimo libro di Alessandro Baricco, The Game).

Il terzo fattore che mi pare degno di nota riguarda il lavoro e le professioni che sono nate in questa fase (e che saranno al centro dell’incontro di venerdì). Chi lavorava da tempo nella comunicazione si è trovato inizialmente spaesato di fronte a cambiamenti che non sono stati solo di tecnica ma anche di paradigma (come quelli che ho descritto sopra). Sono nate quindi nuove professioni o, qualche volta, nuove modalità di fare professioni già esistenti. Il social media manager non è solo (forse non è più o non lo è mai stato) quello che “scrive cose sui social” ma è la professione di chi ascolta, dialoga e interagisce con il pubblico. Il copywriter non ritaglia il suo ruolo sulla definizione di contenuti attraenti perché scritti bene, ma anche perché pensati come un designer, perchè possano essere visualizzati oltre che letti. L’analista web è diventata una professione indispensabile per la comunicazione perché tutto quello che avviene su web è in qualche modo misurabile e queste misurazioni sono fondamentali per produrre i contenuti successivi. Venerdì ne scopriremo anche altre e ne vedremo le caratteristiche.

Ma, ad essere sincero, devo anche dire che in alcuni casi la trasformazione che c’è stata ha poi finito col ripercorrere vecchi trucchi: cercare di essere attraenti e persuasivi, fondare la comunicazione su valori consistenti, definire uno stile e una narrazione (oggi lo chiamiamo storytelling) convincenti. C’è chi dice (Laura Bartoli, digital strategist marchigiana) che molte di queste cose le aveva già intuite Dickens, quasi un paio di secoli fa: c’è forse un filo rosso che lega il passato e il futuro della comunicazione e venerdì proveremo a capire quale sia.

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