Le startup in Italia

Cosa sono le startup? La domanda sembra banale, ma il termine (anche se un neologismo) è ormai così inflazionato che risulta svuotato del suo significato. Perciò una breve riflessione sul termine ci sembra d’uopo. Possiamo riconoscere una startup in base ad alcune semplici caratteristiche – dando per scontato che siano società di capitali non quotate e soggette a tassazione in Italia:

  • Devono essere detenute per almeno il 51% da persone fisiche
  • Non devono svolgere attività d’impresa da più di 48 mesi
  • Non superano i 5 milioni di euro di fatturato
  • Non distribuiscono utili
  • Sviluppano prodotti o servizi ad alto tasso tecnologico o comunque innovativo
  • Non hanno una cassa contanti se non per i rimborsi, quindi sono a contabilità trasparente

Oltre alla forma startup classica, esistono inoltre quelle a vocazione sociale. Sono iniziative di impresa che guardano, oltre al mercato, ai bisogni della comunità. Pensiamo ad esempio ad una startup che crea microrganismi in laboratorio da utilizzare per ripulire l’arredo urbano intaccato dallo smog. La sua utilità è collettiva, è chiaro che va ad operare nel settore ambientale ed il beneficio che apporta è rivolto alla collettività. Esempi come questo ce ne sono molti, basti pensare agli sviluppatori di app pensate per venire incontro alle esigenze dei disabili. La difficoltà che incontrano rispetto al modello classico di startup è legata allo scarso appeal del modello a vocazione sociale, poco attraente per gli investitori privati.

Sono molto spesso fondate e dirette da giovani imprenditori e vengono finanziate da angel investor (investitore che in cambio di una quota azionaria finanzia un progetto) o da venture capitalist (investitore o gruppo di investitori che decidono di investire somme in un’azienda, in cambio di quote partecipative o azionarie più consistenti) che credono nel progetto e decidono di investirci capitali più o meno importanti.

Il polo geografico nel nostro paese per la nascita di nuove startup è quello formato da Milano, Roma e Torino. Si tratta per la maggior parte dei casi di soggetti che forniscono servizi alle imprese. Milano, come detto, è l’epicentro dell’ecosistema innovativo, e la Lombardia è la Regione che ospita il maggior numero di imprenditori tecnologici, seguita da Emilia ­Romagna, Lazio, Veneto e Piemonte.  Il centro nevralgico dell’ecosistema (mercato) è quindi il nord Italia, dove si concentrano il 58% dei finanziamenti e il 65% delle startup finanziate. Sebbene il primato resti nelle mani del nord crescono gli investimenti al sud e nelle isole, che passa dal 30% del 2014 al 36% del 2015.

Fasi di una startup.

Lanciare una nuova startup non è cosa da poco. Fare impresa in Italia vuol dire una serie di adempimenti amministrativi, burocratici e fiscali non indifferenti. Per agevolare la nascita di startup innovative in Italia è stata introdotta la forma societaria s.r.l semplificata. Si tratta di forme societarie che hanno agevolazioni per la costituzione formale (bollo e diritti di segreteria esenti, notaio gratuito, capitale sociale di 1 € per gli under 35) ma che non prevedono ulteriori misure nelle fasi successive della vita societaria.

È chiaro che a braccetto della fondazione di una startup innovativa corre un rischio imprenditoriale elevato: siamo difronte ad un soggetto che si pone obiettivi nuovi, di innovazione ad alto contenuto tecnologico e a volte sociale. Ne consegue la necessità di potersi dotare di capitale umano altamente specializzato, dinamico e flessibile: tutto ciò è fuori dai contratti di lavoro tradizionali che non si legano ai risultati come deve obbligatoriamente essere se si parla di startup innovative.

Gli strumenti di cui necessitano le startup innovative per crescere sono molteplici. Vanno dal tradizionale accesso al credito e al mercato dei capitali di rischio fino ad arrivare ai luoghi adatti per la crescita. Stiamo parlando degli incubatori e acceleratori di startup. Si tratta di spazi fisici veri e propri nei quali mettere a disposizione strutture, differenti professionalità in contaminazione reciproca e know how di tipo aziendale e innovativo il tutto volto alla creazione, lancio e crescita della startup. L’epoca del fare impresa in solitudine partendo da zero, magari nello scantinato sotto casa per sviluppare la propria idea e poi lanciarsi nel mercato è finita da tempo. Una causa sono senza dubbio le barriere all’accesso del mercato ma un altro fattore decisivo è culturale più che economico/finanziario. È chiaro che nel mercato dell’innovazione, della creatività ad alto contenuto tecnologico, la contaminazione e il lavoro di gruppo favoriscono la creazione di contenuti nuovi. La questione fisica dello spazio, adeguatamente attrezzato, va anche in direzione del contenimento dei costi oltre che della condivisione.

L’ultima fase di una startup è quella della cosiddetta exit. I casi sono due: la startup cresce e propone sul mercato un prodotto o servizio innovativo, muta forma, viene acquisita da un gruppo industriale o si quota in borsa. Nel secondo caso, la startup non riesce a perseguire il suo oggetto di impresa e si va incontro al fallimento.

Dati nazionali. Nonostante le difficoltà connesse nell’attività delle startup innovative, le difficili condizioni dei mercati, le necessità di flessibilità del mondo del lavoro e tutti gli aspetti culturali difficili da scardinare nel nostro paese, il fenomeno in Italia esiste ed è significativo. Nell’ultimo trimestre del 2016, il numero di startup innovative iscritte nel Registro delle Imprese ai sensi del D.l. 179/2012 è pari a 6.745 con un + 6% rispetto alla fine di settembre 2016. Se si considera che a dicembre 2016 molte startup hanno abbandonato il Registro per limiti di età (hanno infatti superato i 48 mesi di vita), il dato risulta significativo. Il capitale sciale delle startup in Italia è attualmente di 351,2 milioni di euro (52,1 euro a impresa). Per quanto riguarda i settori di impresa, il grosso delle startup si concentra nella erogazione di servizi alle imprese (70,56%) seguite da quelle dedicate all’industria (19,45%) e dal commercio (4,31%). Vengono confermati i dati riguardanti il genere: la maggior parte delle startup sono a prevalenza maschile (86,35%). Le startup giovani (under 35) rappresentano il 22,80% del totale e questo dato rappresenta il triplo rispetto alle società di capitali tradizionali.

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