Un tirocinio che ti cambia la vita
I nostri progetti di servizio civile: minori, disagio mentale e migranti
“Una scelta che ti cambia la vita”: semplice, sentimentale, banalmente ingenuo, questo lo slogan che da oltre tre lustri riecheggia nelle campagne di comunicazione e promozione del Servizio Civile Volontario, a volte con piglio da condottiero, a volte in tono sommesso, in un’alternanza prosaicamente orientata da banali calcoli di budget.
Ricordiamo a mo’ di noiosi eruditi o peggio burocrati cosa è o dovrebbe essere il Servizio Civile Volontario: “Il Servizio Civile, secondo i dettami della legge 64/2001 che lo disciplina, opera nel rispetto dei principi della solidarietà, della partecipazione, dell’inclusione e dell’utilità sociale nei servizi resi, anche a vantaggio di un potenziamento dell’occupazione giovanile. Le aree di intervento sono riconducibili ai settori: ambiente, assistenza, educazione e promozione culturale, patrimonio artistico e culturale, protezione civile, servizio civile all’estero.”
Viene da lontano, il SCV, una storia tutta italiana, si potrebbe dire, e che storia, e che vanto, una volta tanto! Valori, idee, azioni, coraggio e rischio in prima persona, il contrario dell’evitamento psicoanalitico, detto in modo più grezzo e popolare ‘tiri il sasso e nascondi la mano’. Una storia che possono invidiarci a livello mondiale e che nonostante il malinconico oblio culturale nei confronti di veri maestri di vita – come don milani, dolci, capitini, la pira, langer, per citare i ‘classici’ – continua a seminare imprescrivibili energie vitali. Magari non sempre ma spesso.
Oggi il servizio civile è un tirocinio – la parola non è affatto casuale – di vita, uno dei pochi rituali giovanili postmoderni, che magari ha perso una valenza di massa e totalizzante – tanti giovani non conoscono o sono del tutto disinteressati al Scv – ma conserva quel valore fondamentale di racconto di formazione, paradigmatico e tutto esperenziale.
E’ un tirocinio per la precarietà degli orizzonti di futuro dei giovani, per la visione pragmatica e poco idealistica delle motivazioni di partenza, per la strategia di riduzione del danno nei conti economici di molti enti, specie pubblici, per la mancanza di coraggio e investimento nei giovani, per il disorientamento alla scelta, e altro ancora: cose che più concretamente si chiamano assenza di lavoro, di prospettiva, di fiducia, di coraggio, di crescita di responsabilità, di mantenimento dello status quo. Con tale florilegio di sogni ed elogi chi mai avrà voglia di scegliere o semplicemente provare a redigere la domanda bollata per il servizio civile, una come tante tra le altre per chi cerca se non un lavoro perlomeno un contesto di messa in prova delle proprie capacità e competenze?
Solo che il tirocinio ha anche un’altra faccia: quella dell’addestramento, cosa umilmente utile e fondamentale per un giovane; quella della messa in gioco; quella della sperimentazione, pur anche al ribasso, ma pur sempre cosa nuova e prova di vita; quella infine, forse la più decisiva, dell’incontrare persone, de visu, de corpore, de animo, travalicando con il latino. Questo è l’elemento decisivo, davvero fantastico ed emozionante: l’incontrare persone, cioè l’andare verso e contro le persone, senza virtualità, senza spettacolo, senza la comunicazione dell’ornamento, mani e cuore nudi. Non per uno sterile sentimento assistenziale, non per aiutare, semplicemente per cercare.
E ciò può accadere – la nostra esperienza pluriennale sul campo ce lo dimostra – anche nelle situazioni più prosastiche, più quotidiane, più materialmente al ribasso.
Per quanto ci riguarda come Nuovaricerca.Agenziares abbiamo presentato progetti per il 2018-2019, con sedi di riferimento dislocate a Fermo o comuni della provincia e con attività da svolgersi con migranti richiedenti asilo – è un deterrente o al contrario un incentivante per i giovani del nostro territorio? -, con minori accolti in una comunità educativa (anche qui in buona parte di provenienza straniera), con persone con disagio mentale presso una comunità residenziale. Le attività si svolgono nelle sedi e in aperto territorio e possono essere di semplice accompagnamento ai vari servizi (scuola, sanità, corsi, etc), anche direttamente come autisti, di compagnia, di logistica, di supporto alle mansioni educative, di sostegno ai compiti o all’alfabetizzazione della lingua italiana; possono crescere in responsabilità e stimolo, come nel partecipare ad attività laboratoriali e ad attività terapeutiche, nell’organizzare e partecipare ad eventi e incontri pubblici, nel gestire relazioni a volte complesse e anche conflittuali, senza mai però esser lasciati soli e sempre in una logica di tutoraggio formativo. Si impara a lavorare in gruppo, a partecipare ad equipe professionali e ad eventi di formazione, a confrontarsi con temi e problemi quotidiani, a superare i pre-giudizi, senza rinunciare alle proprie idee.
Lo dicevamo prima. La bellezza dell’incontrarsi, tanto più nell’esuberanza giovanile, è la bellezza stessa e sacralità del vivere, come un grande poeta ci ricorda
“Credo in ciò che ogni uomo ha sperato e patito. Se un tempo salirono su queste alture di sassi o cercarono paludi mortali sotto il cielo, fu perché ci trovavano qualcosa che noi non sappiamo. Non era il pane né il piacere né la cara salute. Queste cose si sa dove stanno. Non qui. E noi che viviamo lontano lungo il mare o nei campi, l’altra cosa l’abbiamo perduta…. quei loro incontri”
– Cesare Pavese –