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Percepire e credere: errate percezioni sull’immigrazione e sulla solidarietà europea

Traduzione dall’articolo di Francesco Visconti per EuVision

Insieme all’aumentata politicizzazione degli affari dell’UE, l’immigrazione è diventata centrale nel dibattito politico sull’integrazione europea ed è stata considerata una delle tre principali “crisi” dell’UE, insieme alla crisi dell’Eurozona e alla Brexit (Caporaso, 2018). Questa non è solo una conseguenza della crisi dei rifugiati del 2015, ma anche del costante aumento della mobilità intra-UE e delle migrazioni dai paesi extra-UE che si sono verificati negli ultimi decenni. Alla fine del 2016, oltre 50 milioni di residenti nell’UE vivevano al di fuori del loro paese di nascita; di questi, solo circa 20 milioni sono nati in un altro stato membro dell’UE (Eurostat, 2018).

Nuovi e mutevoli modelli di migrazione da, verso e all’interno dell’Europa hanno portato a una popolazione sempre più diversificata in termini di paesi di origine, provenienza etnica, pratiche culturali e lingue (Geddes and Scholten, 2016, EPSC, 2017). Queste trasformazioni sono state seguite da un’ondata di immigrazione seguita da una sempre maggiore preoccupazione dei cittadini europei (Eurobarometro), da un aumento del sostegno alle politiche anti-immigrazione e dai partiti politici euroscettici che si oppongono all’immigrazione e al multiculturalismo in tutta l’UE. In effetti, i partiti euroscettici e populisti sono riusciti a inquadrare la crisi dei rifugiati in termini di chiusura delle frontiere e pratiche di esclusione, sostenendo una “fortezza Europa” (Borzel e Risse, 2018). Di conseguenza, l’integrazione dei migranti e la gestione dei rifugiati hanno dominato le campagne elettorali in tutta Europa, come nel caso del referendum sulla Brexit nel Regno Unito, o nelle elezioni in Austria, Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi.

Questo articolo indaga se e come gli atteggiamenti dei cittadini nei confronti dell’immigrazione – in particolare, l’errata percezione del numero effettivo di immigrati che vivono nei loro paesi – siano associati al loro sostegno all’UE e alle politiche che favoriscono l’inclusione degli stranieri nei mercati del lavoro interni e nel welfare stati.

Atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione: interesse personale, identità e informazione

La letteratura che studia gli atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione ha proposto due principali modelli esplicativi, basati rispettivamente sull’interesse personale e sulle identità. La prima teoria valuta le conseguenze distributive dell’immigrazione, e quindi la competizione tra immigrati e nativi su risorse scarse, come l’accesso al mercato del lavoro o ai benefici per il benessere. Il secondo approccio enfatizza invece atteggiamenti e simboli relativi al gruppo nel modellare gli atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione, sostenendo che gli interessi ideali prevalgono sull’influenza delle preoccupazioni materiali (Hainmueller e Hopkins, 2014).

Un fattore esplicativo complementare considerato dalla ricerca riguarda l’informazione dei cittadini sull’immigrazione: “se un senso di minaccia è alla base dell’opposizione all’immigrazione, allora le convinzioni sulla dimensione della popolazione immigrata sono un fattore scatenante logico di tali sentimenti di ansia” (Sides and Citrin, 2007, pagina 480). Precedenti studi hanno documentato la tendenza del pubblico a sovrastimare la dimensione delle popolazioni minoritarie e che i timori sono esagerati da diffuse percezioni errate riguardo alle cifre reali (Nadeau, Niemi e Levine, 1993; Silgeman e Niemi, 2001; Citrin and Sides, 2008; IPSOS, 2015). Una tale esagerazione può esacerbare sentimenti anti-immigrati e anti-solidarietà, spesso collegando la migrazione alla criminalità, alla crisi economica o al terrorismo. Di conseguenza, coloro che sovrastimano la proporzione delle minoranze straniere tendono ad essere più sciovinisti e ad opporsi a programmi che potrebbero avvantaggiare questi gruppi (Theiss-Morse, 2003).

Errata percezione nel tempo

L’errata percezione è qui definita come la differenza tra la stima media della popolazione straniera e il numero effettivo di stranieri. La figura 1 illustra la stima media degli immigrati in 19 paesi europei rispetto alle dimensioni effettive della popolazione straniera derivata dai dati OCSE. La stima media del paese si basa su una domanda del sondaggio inclusa in due ondate dell’Indagine sociale europea del 2002 (ondata 1) e 2014 (ondata 7), chiedendo ai rispondenti: “Su 100 persone che vivono in [paese], quanti ne fanno pensi che siano nati al di fuori [paese]? “Poiché l’Italia non è stata inclusa nel ciclo ESS 2014, i dati provengono da un’indagine nazionale preelettorale condotta dal progetto Pastel2018 dell’Università di Milano e da IPSOS, in collaborazione con ITANES e REScEU, che includeva una domanda comparabile. In entrambi i grafici viene tracciata una linea di 45 gradi come base per il confronto. La sovrastima emerge in entrambi i punti temporali in ogni paese: la stima è al di sopra della linea, il che significa che il cittadino medio in questi paesi ha continuato a sopravvalutare la percentuale di immigrati.

Figura 1. Stima media e percentuale effettiva di stranieri nel 2002 e 2014.

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Per ciascuno dei 19 paesi presi in considerazione, la Figura 2 mostra la differenza nella percezione errata media tra il 2002 e il 2014 (2002-2018 per l’Italia). Qui possiamo identificare tre gruppi di paesi: quelli in cui è diminuito di almeno il 2% (dalla Slovenia all’Italia); quelli in cui è rimasto un po’ stabile con variazioni inferiori al 2% (dall’Irlanda al Belgio) e quelli in cui è aumentata l’errata percezione (Polonia, Germania e Austria). Nella stragrande maggioranza dei paesi considerati, l’errata percezione è diminuita o è rimasta stabile. Un risultato interessante se consideriamo l’enfasi degli studiosi sul peggioramento delle informazioni (Lazer et al., 2018) e l’aumento della percentuale di residenti nati all’estero in praticamente tutti i paesi (da una media dell’8,7% nel 2002 a una media di 12,11% nel 2014).

Figura 2. Differenza nella percezione errata media tra il 2002 e il 2014.

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Dato che il significato di un punto percentuale di errata percezione è diverso nei paesi con diversi numeri di stranieri (Citrin and Sides, 2008), la figura 3 mostra una diversa misura di errata percezione: il rapporto tra la percentuale stimata e la quota effettiva di stranieri. Il rapporto qui viene calcolato rispetto alla quota effettiva di stranieri nati all’estero, insieme a una linea di polinomio. Sia nel 2002 che nel 2014, l’adattamento ha una forte pendenza verso il basso, il che significa che l’entità della percezione errata è più alta nei paesi con relativamente pochi immigrati. Ad esempio, nel 2002, l’Italia, l’Ungheria e la Polonia avevano una percentuale molto bassa di popolazione di origine straniera, ma un livello molto alto di immigrati stimati. Mentre il modello è simile nel 2014, la situazione rappresentata dalla figura sembra essere migliorata, con solo la Polonia che mantiene un altissimo livello di percezione errata relativa.

Figura 3. Rapporto sulla percezione errata e l’effettiva percentuale di stranieri nel 2002 e 2014.

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Percezioni errate e atteggiamenti nei confronti dell’UE: il caso italiano

L’Italia rappresenta un caso di studio focalizzato, dato che l’immigrazione è stata una delle questioni più salienti durante la campagna elettorale, come ha dimostrato il primo articolo di questa serie, e rimane uno degli argomenti principali nell’agenda del governo attuale. Il sondaggio REScEU ci consente di approfondire l’errata percezione dell’immigrazione nel bel mezzo della campagna elettorale italiana del 2018. Vale la pena notare che circa il 40% degli intervistati ha deciso di non rispondere alla nostra domanda, probabilmente per timore di dare una stima sbagliata. Nel nostro sondaggio, abbiamo chiesto una stima degli stranieri sia all’interno che all’esterno dell’UE. La percentuale percepita di stranieri UE-28 residenti in Italia è in media del 9,09%, con un valore reale del 2,6%. La percentuale stimata di stranieri extra UE-28 residenti in Italia è in media del 12,26%, mentre il valore reale si ferma al 5,9%. Ciò significa che nel complesso i cittadini italiani sovrastimano il numero di stranieri che vivono in Italia di oltre il 10%.

La figura 4 riporta l’errata percezione media degli stranieri sia all’interno che all’esterno dell’UE per macro-regione, unitamente alla variazione percentuale a cinque anni dei livelli di immigrazione calcolati per ogni area e alla percentuale effettiva di stranieri che vivono nell’area nel 2018. La figura suggerisce che l’errata percezione sia distaccata dal numero effettivo di immigrazione, dato che è più elevata nelle aree con un numero molto basso di stranieri, come nelle regioni meridionali.

Andiamo ora a verificare se esiste un’associazione tra l’errata percezione e le preferenze in merito alla libera circolazione dei lavoratori e dei cittadini e la valutazione dell’appartenenza all’UE e all’euro. Dalla figura 5 emerge che, tra i cittadini più cosmopoliti, che consentirebbero agli immigrati di lavorare nel loro paese e beneficiare dei sistemi di sicurezza sociale, il livello di percezione errata è significativamente inferiore rispetto agli sciovinisti, intervistati che favoriscono le politiche di esclusione. Guardando alla figura 6, emerge anche un’associazione significativa tra l’errata percezione e la valutazione dell’appartenenza all’UE e all’euro. Il regime e gli euroscettici specifici per le politiche tendono a sovra-rappresentare la popolazione immigrata molto più che gli entusiasti dell’euro. Ciò testimonia indirettamente l’intreccio tra la questione europea e quella dell’immigrazione.

Per riassumere, i dati dell’indagine suggeriscono che l’errata percezione continua a resistere in tutta Europa, ma in molti paesi (Italia inclusa), è diminuita negli ultimi 15 anni. L’errata percezione tende ad essere più alta nei paesi con livelli di immigrazione più bassi, ed è quindi disaccoppiata dai livelli o dai cambiamenti reali dell’immigrazione. Inoltre, un test del caso italiano conferma che livelli più elevati di percezioni errate sono associati a politiche più restrittive nei confronti delle minoranze e ad una valutazione negativa dell’UE. Questi risultati mostrano la necessità di migliorare la qualità delle informazioni disponibili al pubblico, sia direttamente – tenendo conto dei media e dei politici per ciò che riferiscono – sia indirettamente, attraverso programmi UE e internazionali che mirano ad accrescere la conoscenza dei cittadini europei e quindi diluire la paura dell’immigrato.

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