Tra gioco e successo: il crowdfunding e le campagne sociali

In questo breve articolo non esaustivo, ci occupiamo di crowdfunding e campagne sociali. Ma anche di gioco e successo.

Il termine crowd sta per folla mentre il termine funding sta per finanziamento. Mettendoli insieme senza spazi arriviamo in modo celere alla interiorizzazione del significato. Gli attori che utilizzano questo strumento sono le imprese e le imprese sociali. Di queste ultime ci interessano particolarmente le sorti. Quali sono i motivi per cui le imprese sociali si orientano verso questa forma di finanziamento dalla folla?

Una prima risposta è senza dubbio la difficoltà di accesso al credito. Un’ovvia conseguenza della prima risposta è che la difficoltà di accesso al credito sale se l’idea di investimento riguarda l’innovazione sociale, questo perché l’investitore tradizionale sarà più a suo agio nel concedere il credito alla produzione piuttosto che ad un fine sociale; sarà più a suo agio nella valutazione di indicatori oggettivi e circostanziati piuttosto che nella valutazione dell’impatto sociale sulla comunità.

Andando oltre, ci accorgiamo che il ricorso al crowdfunding è aumentato anche nel nostro paese – e non era del tutto scontato – grazie allo sviluppo di piattaforme online che permettono di proporre e promuovere progetti da finanziare sfruttando il vantaggio intrinseco della rete. Quale? Una vetrina che almeno potenzialmente, va ben al di là di quello che sarebbe il bacino di riferimento tradizionale.

Per rispettare la non esaustività di esordio, limitiamoci a descrivere le caratteristiche che deve avere una buona campagna. Avere un buon progetto da proporre vuol dire avere una buona causa. O almeno potenzialmente buona. Il crowdfunding è un banco di prova, una valutazione sulla bontà di un prodotto, di un servizio, di una causa. In base ai risultati posso capire se continuare ad investire sulla mia idea o se è il caso di metterla nel cassetto.

Altro aspetto fondamentale: avere una community a cui rivolgersi. Non posso orientare la mia comunicazione in modo generalista a tutti i contatti della mia impresa sociale. Avere in mente un target specifico di riferimento è un ottimo punto di partenza. Un ultimo requisito imprescindibile è la trasparenza. Nel comunicare la mia campagna, devo dire in modo chiaro chi sono, cosa faccio e mostrare la mia faccia o quella della mia organizzazione. I potenziali donatori valuteranno ancor prima della causa l’identità di chi la propone.

L’aspetto più propriamente ludico del crowdfunding sta nel rapporto che si viene a creare tra chi propone una campagna e i suoi sostenitori. La maggior parte delle piattaforme funziona sul modello reward-based. Chi dona, riceve una ricompensa o un riconoscimento. Non è importante il valore economico della ricompensa ma il valore simbolico della stessa. Il donatore riceve spesso ringraziamenti pubblici, sul web o social media; viene invitato ad eventi e iniziative pensate ad hoc per la presentazione dei risultati della campagna o più semplicemente entra a far parte della community dell’impresa sociale a diversi livelli di impegno e coinvolgimento.

Tutto questo può portarci a definire il crowdfunding un gioco? No. Ma se è vero, parafrasando brutalmente George Simmel, che le relazioni significative tra individui sono basate sulla reciprocità e sullo scambio, il crowdfunding diventa un espediente verso il successo di una campagna sociale e la creazione di comunità solidali.

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